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IDROGENO LA NUOVA FRONTIERA

la Nostra risposta
al cambiamento climatico

IL CLIMA E IL QUADRO NORMATIVO

Da anni stiamo assistendo ad un continuo e incontrovertibile cambiamento climatico. La continua crescita delle immissioni di CO2 e gas serra in atmosfera, dovuta principalmente alle attività residenziali, produttive, e ai trasporti sta via via portando ad un aumento delle temperature medie e ad una serie di effetti collaterali potenzialmente disastrosi. 

L’Unione Europea si sta impegnando a fissare dei paletti per cercare di rallentare il cambiamento climatico ponendo per il 2030 a tutti gli Stati Membri una riduzione almeno del 55% dei gas serra, un aumento dello sfruttamento delle risorse rinnovabili fino a una quota di almeno il 40% e un miglioramento dell’efficienza energetica negli usi finali del 36%, riducendo contestualmente del 39% i consumi di energia primaria.

Da molto tempo Ferroli sta investendo nello sviluppo di sistemi ibridi per il comfort domestico al fine di ridurre le immissioni inquinanti e nel segno di questo continuo impegno stiamo ora puntando a soluzioni innovative per ridurre ulteriormente le emissioni climalteranti. Oggi la nuova sfida per Ferroli si chiama: Idrogeno.


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LA NOSTRA SFIDA


RICERCA E SVILUPPO

L’approccio con un gas combustibile per noi nuovo ha spinto il nostro gruppo di ricerca a sviluppare nuovi modelli matematici per la descrizione e l’analisi del processo di combustione. Alla base di un buon prodotto ad alto contenuto tecnico vi è infatti un’approfondita conoscenza dei fenomeni fisici che lo caratterizzano e governano.

Al fine di poter avere una maggiore comprensione ci si è focalizzati, in collaborazione con la Eindhoven University of Technology e il centro di ricerca di Polidoro Spa, sullo sviluppo di un modello matematico innovativo in grado di poter dare robuste risposte predittive sullo sviluppo della combustione dell’idrogeno, mapparne le temperature, i prodotti di reazione, le velocità e i flussi termici, il tutto in 3D generando un vero e proprio gemello virtuale di quella che sarebbe poi diventata la cella di combustione.

Una sorta di laboratorio virtuale nel quale poter testare in sicurezza le condizioni di funzionamento limite per la tecnologia, permettendo così di trovare velocemente una soluzione prototipale e testabile. L’adozione di un nuovo combustibile ha modificato completamente la cella di combustione che doveva adattarsi al variare delle proprietà del nuovo gas e allo stesso tempo poter gestire miscele di idrogeno e gas naturale tradizionale, necessitando una maggiore elasticità funzionale.

Al contempo si sono dovuti tenere in considerazione le possibili interazioni meccanico chimiche tra il nuovo gas, Idrogeno, e le strutture di servizio dell’unità, tubazione e ausiliari. Il tutto ha costretto a una revisione completa del sistema caldaia. Il progetto è stato portato avanti grazie al know-how storico del gruppo Ferroli, da 65 anni player mondiale nel settore del riscaldamento, integrato a uno sforzo massivo di ricerca e sviluppo su soluzioni innovative e mai prima delineate.

HYDROGEN READY

Ferroli ha abbracciato questa sfida con grande impegni e convinzione. Ed è per questo che i milgiori prodotti della gamma sono già predisposti per la combustione a idrogeno.

Le nostre nuove generazioni di caldaie a condensazione sono infatti già “Hydrogen PLUG-IN” per la distribuzione di idrogeno che si preannuncia realisticamente fattibile nei prossimi 10 anni, ovvero per miscele di Gas Naturale/Idrogeno in percentuale fino al 80%/20%.


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BLUEHELIX SUBLIME
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BLUEHELIX MAXIMA
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LAMBORGHINI CALORECLIMA RAGGIO
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Questa composizione rappresenta il limite massimo raggiungibile con l’attuale rete di distribuzione del gas naturale, in base al tipo di acciai utilizzati nelle condotte di distribuzione, alle pressioni e alla permeabilità degli elementi di giunzione.

Il “salto” ulteriore, cui Ferroli sta già lavorando, è la distribuzione in nuove reti dedicate, che permetterà di servire e quindi di installare utenze con apparecchi funzionanti al 100% a Idrogeno (Full Hydrogen).

Questa nuova generazione di celle termiche e di bruciatori è attualmente oggetto di sviluppo già in stadio avanzato.

Il tema dell’idrogeno è strettamente e profondamente connesso con il più ampio e più “appealing” tema dell’elettrificazione degli usi finali, anche se in prima battuta i due approcci sembrerebbero in competizione tra loro, con l’elettrificazione che viene percepita come un trend presente ed attuale, e per contro l’economia dell’idrogeno che viene percepita dai più come un trend del futuro.


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Un approccio infrastrutturale interdipendente e multi-tecnologico/multi-energetico è ciò che ci permetterà di risolvere le sfide

Così non è, per vari ordini di motivi.

In primis la filiera dell’idrogeno è una realtà già consolidata in molti processi industriali essenziali.

Per esempio la produzione di fertilizzanti azotati, su cui si basa l’agricoltura intensiva che alimenta almeno il 50% della popolazione del pianeta, è basata su un processo di sintesi dall’ammoniaca.

Senza i fertilizzanti azotati è stato stimato che il genere umano necessiterebbe di una superficie arabile pari a 4 volte la superficie attuale destinata all’agricoltura, per garantire lo stesso output. Oggi la produzione di Ammoniaca da sola consuma circa il 2% dell’energia primaria globale, e si basa su una reazione in cui viene utilizzato l’idrogeno. La conversione della forma di generazione di questo idrogeno (oggi “grigio” in quanto prodotto dal gas naturale) all’idrogeno “verde” è un target di sostenibilità ambientale molto attuale, sul quale si stanno confrontando vari players.

IL SECONDO MOTIVO SI EVIDENZIA OSSERVANDO IN PARTICOLARE L’ESEMPIO DELLA RETE DI TRASPORTO E DISTRIBUZIONE ELETTRICA E DELLA RETE DI TRASPORTO E DISTRIBUZIONE DEL GAS NEL NOSTRO PAESE

elettrica e della rete di trasporto e distribuzione del gas nel nostro paese. La configurazione attuale delle due reti rappresenta uno scenario e un vincolo sostanziale, non trascurabile, su cui si devono ovviamente modellare ed innestare le strategie di sviluppo energetico e di investimento a medio termine.


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Il boom della richiesta di elettrificazione, indubbiamente sotto gli occhi di tutti, richiede un boost incredibile dell’infrastruttura della rete elettrica, pensando ad esempio ad un sistema che a regime dovrebbe trasferire circa metà della nuova potenza prevista da fonti rinnovabili (50.000 MW) dal Sud al Nord della penisola, per circa 1000 km. Purtroppo però l’attuale struttura della rete elettrica, nata con un layout di tipo essenzialmente “magliato” per garantire ridondanza e vicinanza alle industrie dei sistemi idroelettrici e termoelettrici del Nord, non consente facilmente questo “salto quantico”.

Oltretutto il nostro paese non agevola l’installazione massiva di nuovi elettrodotti, a causa sia di vincoli geografici/orografici, che per i noti vincoli paesaggistici e burocratico-autorizzativi. Ecco dunque che diventa importantissimo lo scenario alternativo, nel medio termine, della rete gas utilizzabile come gigantesco “polmone” di accumulo e di distribuzione di miscele di gas-naturale/ idrogeno, decarbonizzando quindi in misura importante il “sistema gas” nazionale.

L’idrogeno così vettorizzato insieme al gas naturale potrebbe essere utilizzato negli usi finali (es. nelle caldaie più innovative), o separato e utilizzato per usi industriali con processi su cui si sta concentrando la ricerca di sistema di molte aziende hi-tech specializzate, ad esempio in Germania.


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Il terzo motivo è che alcuni Paesi, oggi fortissimi esportatori di fonti fossili,

es. petrolio (Saudi Arabia) o carbone (Australia) si stanno già attrezzando per la riconversione energetica studiando nuove centrali alimentate a energia rinnovabile che “sintetizzino” idrogeno a mezzo di elettrolizzatori per il successivo export su scala globale via maritime shipment.

Il quarto motivo è che è ormai assodato che le fonti rinnovabili saranno il driver della decarbonizzazione;

purtroppo però i power plant alimentati ad energia eolica, o fotovoltaica, sono caratterizzati dal fatto di essere fonti non programmabili. Accade così già oggi che vi siano fasce temporali in cui l’energia viene prodotta in eccesso, e non può essere stoccata sul lungo periodo, ma solo nel breve (attraverso sistemi a batterie).

Questo eccesso di energia “sfasato” rispetto alla domanda mensilizzata è destinato a crescere notevolmente, e se non viene valorizzato porta a effetti sensibili sui CAPEX di investimento negli impianti, a causa del prezzo di cessione negativo sul mercato dell’energia. Ad esempio Siemens Energy, che lo scorso 19 marzo ha annunciato di puntare a un prezzo di produzione dell’idrogeno verde di 1,50 dollari al kg non più al 2030, ma già al 2025, crede fermamente nel ruolo degli elettrolizzatori e degli accumuli P2G (power to gas: idrogeno) come sistemi di stoccaggio e compensazione per gli sfasamenti a medio-lungo termine del sistema elettrico, e sta già lavorando a nuove turbine “full hydrogen” che permettano poi di utilizzare direttamente l’idrogeno così stoccato.

Il quinto motivo è insieme di ordine economico, politico e sociale.

Oggi è semplicemente un dato fattuale che le industrie di OIL & GAS hanno un peso economico e sistemico trasversale in moltissimi strati sociali ed economici, e che la cancellazione o la riconversione improvvisa di un tale sistema industriale è semplicemente impraticabile sul medio periodo, a causa degli impatti occupazionali, sociali, nonché finanziari sottesi.

E’ proprio per questo motivo, oltreché per l’indubbio valore degli asset strategici delle reti di distribuzione gas già richiamato sopra, che più di 90 grandi player del “sistema gas” europeo, che include aziende energetiche, produttori ed organizzazioni varie, hanno recentemente formalizzato la disponibilità del settore gas europeo dinanzi alla Commissione Europea, per una transizione graduale ed efficiente verso la decarbonizzazione, mettendo a sistema appunto gli asset di rete per la vettorizzazione di miscele di gas e idrogeno. Il piano del “sistema gas” europeo prevederebbe una nuova rete di idrogenodotti da 23.000 km attraverso l’Europa, mentre ad esempio solo in UK l’utility londinese “National Grid” ha appena ideato un progetto analogo che prevede la costruzione di 2.000 km di idrogenodotti nel Regno Unito.

Il sesto motivo è di ordine strettamente finanziario.

Proprio perché l’industria mondiale del comparto OIL & GAS è una potenza, ma anche un asset di investimento importante per molti Fondi di Investimento e per altri attori finanziari (banche ma anche governi/bilanci statali), sempre più fondi privati e/o fondi sovrani si stanno interrogando sulla sostenibilità (finanziaria) delle loro posizioni di investimento in questo comparto. Il risultato di questo processo è che spesso questi fondi si orientano progressivamente a favorire i nuovi investimenti prevalentemente -o in alcuni casi esclusivamente- verso quei progetti e quei player che garantiscano un allineamento progressivo agli obiettivi globali in tema di mitigazione di impatto ambientale. Il fattore “ESG” diventa quindi non più un “premium selling point” dei progetti e degli investimenti come nello scorso decennio, ma assume sempre più le caratteristiche di un “must have” senza il quale i nuovi progetti hanno una altissima probabilità di non essere presi in considerazione, come dimostra il recente invito del CEO del più grande Fondo di Investimento del mondo, che ha rivolto alle aziende l’invito a rendere pubblica la loro carbon footprint.

Il settimo motivo (strettamente correlato ai precedenti) è di ordine regolatorio.

Proprio per accompagnare ed agevolare la transizione del settore OIL & GAS europeo verso la decarbonizzazione, ma anche in alcuni casi per difendere la competitività dell’industria pesante europea dal dumping ambientale di alcuni sistemi produttivi in altri continenti (es. ASIA), la Commissione Europea sarebbe già al lavoro -sulla spinta anche di alcune attive associazioni ambientaliste- per rivedere il sistema della tassazione ambientale, con l’idea di introdurre una tassazione agevolata per le filiere decarbonizzate e per i materiali di base generati con processi “green”.

Naturalmente come ben noto ci sono ampi settori dell’industria, e probabilmente del trasporto merci, che non possono essere agevolmente riconvertiti al “tutto elettrico”, a causa di vari vincoli di processo e/o infrastrutturali (temperature di processo, peso delle batterie...). Di nuovo, questo processo politico produrrà nel medio termine un forte stimolo allo sviluppo della filiera e dell’economia dell’idrogeno, inizialmente in particolari ambiti settoriali, ma con una auspicabile e veloce ricaduta tecnologica in molti settori “vicini”.


in sintesi

“IDROGENO LA NUOVA FRONTIERA”
la Nostra risposta al cambiamento climatico

In sintesi, vista l’articolazione e la pervasività degli utilizzi “smart” dell’idrogeno nel breve e nel medio termine, in parallelo e a sostegno della pur dilagante necessità di elettrificazione, ben si capisce come sia largamente auspicabile -e sarebbe altamente improbabile che così non fosseche i governi e l’Unione Europea così come gli investitori privati che oggi sostentano le “major” del OIL & GAS si diano degli obiettivi di riconversione e decarbonizzazione spinta anche nel “mondo del gas”, senza pensare che sia possibile uno switching “night for day” dal mondo del gas al mondo elettrico.

IDROGENO LA NUOVA FRONTIERA

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